Guerra in Ucraina: angloamericani ed europei inviano armi e producono propaganda bellica a tutto spiano. Ripubblichiamo l’intervista, all’Antidiplomatico del Generale Fabio Mini, già Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa, in occasione della pubblicazione del suo libro “Perché siamo così ipocriti sulla guerra”. Rimane il punto di caduta che l’Italia e l’Europa devono conquistarsi la necessaria autonomia, dignità e indipendenza strategica, per poter garantire la sicurezza dei propri paesi a prescindere dalle priorità degli interessi altrui.

Negoziare. Finirla con il pensiero unico e la propaganda, aiutare l’Ucraina a ritrovare la ragione e la Russia ad uscire dal tunnel della sindrome da accerchiamento, non con le chiacchiere ma con atti concreti.” E’ il pensiero di Fabio Mini, generale di Corpo d’Armata dell’Esercito Italiano, già Capo di Stato Maggiore del Comando NATO del Sud Europa e comandante della missione internazionale in Kosovo. “E quando la crisi sarà superata, sperando di essere ancora vivi, Italia ed Europa dovranno impegnarsi seriamente a conquistare quella autonomia, dignità e indipendenza strategica che garantisca la sicurezza europea a prescindere dagli interessi altrui”, ha detto nell’intervista a l’AntiDiplomatico.

Della crisi ucraina, ne parliamo con il Generale Minì, in occasione della pubblicazione del suo libro: “Perché siamo così ipocriti sulla guerra”. La guerra non è solo manifestazione di potenza e spietatezza, essa nasconde anche l’inganno e l’ipocrisia. Da sempre.

Era falso il pretesto della guerra di Troia, Elena, per la quale non valeva certo la pena di intraprendere una spedizione di guerra e dieci anni di assedio.

Era falso il pretesto dell’incidente del Tonchino che ha dato l’avvio alla guerra del Vietnam.

Era falso il massacro di Racak del 1999 che ha fornito il pretesto per la guerra in Kosovo, nel cuore dell’Europa, che tutti hanno dimenticato.

Era falso il pretesto delle armi di distruzioni di massa di Saddam che nel 2003, in piena guerra afghana, ha aperto un secondo conflitto portando l’America al collasso d’immagine ed economico.

Anche la dichiarata tutela della pace è diventato un pretesto ormai abusato e ipocrita. Gli interventi militari si presentano più accettabili se vengono declinati in tutte le salse che la lingua inglese consente. Basta usare il prefisso “Peace”: keeping, making, enforcing, building, enhancing, support operations etc. Il termine “umanitario” esprime di per sé ipocrisia da quando ciò che si chiamava correttamente Diritto bellico è diventato Diritto umanitario.

Sono ipocrite anche le scuse umanitarie addotte per far la guerra a Gheddafi, non per quello che gli si è addebitato, che è tutto vero, ma per quello che si è taciuto sulla connivenza di chi lo ha difeso e persino di chi lo ha accusato. Mini pone cinque domande sulla guerra. A tutte risponde forte della sua esperienza e non fa sconti a nessuno.

E’ stato scritto correttamente come le voci più sensate nel panorama della propaganda a senso unico siano quelle dei generali, di coloro che conoscono bene come pesare le parole in momenti pesanti, tragici ed ambivalenti, come questi.

Generale Minì, dal Golfo di Tonchino alle armi di distruzione di massa in Iraq- e tornando anche molto indietro nella storia – Generale nel suo libro “Perché siamo così ipocriti sulla guerra?” Lei riesce brillantemente a ricostruire i falsi che hanno determinato il pretesto per lo scoppio di diverse guerre. Qual è l’ipocrisia e il falso che si cela dietro il conflitto in corso in Ucraina?

Il falso è che la guerra sia cominciata con l’invasione russa dell’Ucraina. Questo in realtà è un atto  nemmeno finale di una guerra tra Russia e Ucraina cominciata nel 2014 con l’insurrezione delle provincie del Donbas poi dichiaratesi indipendenti. Da allora le forze ucraine hanno martoriato la popolazione russofona ai limiti del massacro e nessuno ha detto niente. Per quella popolazione in rivolta contro il regime ucraino non è stata neppure usata la parola guerra di liberazione o di autodeterminazione così care a certi osservatori internazionali. E’ bastato dire che la “Russia di Putin” voleva tornare all’impero zarista per liquidare la questione. L’ipocrisia è l’atteggiamento della propaganda occidentale pro-Ucraina che, prendendo atto che esiste una guerra, finge di non sapere chi e che cosa l’ha causata e si stupisce che qualcuno spari, qualcun altro muoia e molti siano costretti a fuggire.

Ipocrisia ancor più grave della propaganda è il silenzio omertoso di coloro che tacciono sul fatto che dal 2014 Stati Uniti e Nato hanno riversato miliardi in aiuti quasi interamente destinati ad armare l’Ucraina e migliaia di professionisti della guerra per addestrare e arricchire i gruppi estremisti e neo- nazisti.

Nella stampa occidentale si tende a definire Putin come “un pazzo che ha scioccato il mondo con la sua iniziativa”. Eppure in un video del 1997 l’attuale presidente americano Biden dichiarava come ’allargamento ai paesi baltici (non all’Ucraina!) della Nato sarebbe stato in grado di generare una risposta militare della Russia. Non crede che dal 2014 l’Europa abbia sottovalutato la questione ucraina?

Non credo sia stata sottovalutata, ma è stata volutamente indirizzata verso la trasformazione graduale del paese in un avamposto contro la Russia, a prescindere dalla sua ammissione alla Nato. Di qui la pseudo

rivoluzione arancione “ (2004), il sabotaggio interno ed esterno di ogni  tentativo di stabilizzazione, l’alternanza di governi corrotti, la pseudo rivolta di Euromaidan, il colpo di stato contro il presidente Yanukovich (2014) fino alla elezione di Zelensky. Quest’ultimo è passato da un  programma elettorale contro gli oligarchi, contro la corruzione politica e la promessa di “servire il popolo” ad una politica dichiaratamente provocatoria nei confronti della Russia. E questo era esattamente ciò che volevano gli Stati Uniti e quindi la Nato dal 1997.

Il tema dell’espansione Nato però è sempre stato tabù da noi…L’espansione della Nato a est iniziata in quell’anno dopo una serie di prove di coinvolgere nella “cooperazione militare “i paesi dell’Europa Orientale” (programma “Partnership for peace”) è stata una provocazione continua per 24 anni.

Per oltre un decennio la Russia non ha potuto opporsi e la Nato, sollecitata in particolare da Gran Bretagna, Polonia e repubbliche baltiche ha pensato di poter chiudere il cerchio attorno ad essa “attivando” sia Georgia sia Ucraina. La Russia è intervenuta militarmente in Georgia e questo ha dato un segnale forte agli Usa e alla Nato, che non hanno voluto intervenire.

Durante la crisi siriana del 2011 la Russia si è schierata con il governo di Bashar Assad e successivamente con la guerra all’Isis è intervenuta militarmente dando un contributo sostanziale alla sua neutralizzazione. Bashar Assad è ancora lì. Le operazioni russe in Siria ancorchè concordate e coordinate sul campo con la coalizione a guida americana, hanno disturbato i piani di chi voleva approfittare dell’Isis e delle bande  collegate per destabilizzare l’intero Medio Oriente. Un altro segnale del mutato umore russo è stata l’annessione della Crimea subito dopo il colpo di stato contro Yanukovic sostenuto dagli Stati Uniti e in particolare dall’inviata del Dipartimento di Stato Victoria Nuland e dall’allora vice presidente Biden. Dal 2014 in poi l’Ucraina con il  sostegno degli Stati Uniti e della Nato ha assunto una linea ancora più ostile nei confronti della Russia e iniziato ad integrare nelle forze armate  e nella polizia i gruppi neonazisti che si erano “distinti” negli scontri di Maidan. Gli stessi che ora organizzano la “resistenza ucraina” e coordinano i circa 1600 mercenari sparsi per il paese. Per tutto questo mi sento di dire che la Nato non ha trascurato l’Ucraina, anzi l’ha spinta con forza in un’avventura pericolosa per entrambi e soprattutto per noi europei.

In una recente apparizione in TV Lei ha detto di aver avuto modo di conoscere in prima persona i generali russi e ha definito quella russa “una guerra limitata per scopi limitati”. Quali sono gli obiettivi che i russi si sono posti sul territorio secondo lei?

In Kosovo avevo alle dipendenze anche il contingente russo di cui una  parte garantiva sicurezza dell’aeroporto militare/civile di Pristina e un’altra schierata nel settore montano al confine con la Serbia. I rapporti con i generali russi erano quasi giornalieri e sempre molto corretti soprattutto nei miei confronti (in quanto italiano).

Parlavamo di sicurezza collettiva e di futuro del Kosovo, una cosa alla quale nessuno nella Nato aveva pensato prima di andare in guerra. Parlavamo anche di operazioni militari e di dottrina. Vent’anni fa. La guerra limitata è una categoria prevista anche da Clausewitz e i russi sono sempre stati clausewitziani.

All’inizio dell’invasione ho cominciato a vedere i segni non di una operazione speciale come l’ha definita Putin, ma di una serie di operazioni ad obiettivi limitati, unite dallo scopo strategico di impedire all’Ucraina di diventare il fulcro della minaccia militare alla Russia , ma tatticamente indipendenti. Le operazioni riguardavano la messa in  sicurezza di territori del Donbass, la fascia costiera del mare d’Azov e del Mar Nero fino a Odessa e, se necessario, fino al confine con la Moldavia neutrale.

L’avanzata su Kiev doveva essere l’operazione principalmente politica di pressione per i negoziati e l’eventuale instaurazione di un governo favorevole alla linea russa. Questa operazione non vincolata né al tempo né agli obiettivi: dipende dagli eventi. Se quelli diplomatici, politici e operativi evolvono in maniera soddisfacente l’operazione può essere interrotta. In caso contrario, dalla marcia d’afflusso le forze possono passare allo schieramento attorno alla città, e se ancora gli eventi sono negativi possono passare alla “preparazione” di fuoco poi al fuoco aereo e poi se e quando la città è allo stremo potrà iniziare la presa vera e propria della città.

Questo tipo di operazioni con la tecnica del carciofo ha spiazzato tutti gli analisti della domenica che si aspettavano e forse cinicamente si auguravano di vedere la tempesta di fuoco alla quale ci hanno abituato gli americani in tutte le loro guerre. Ovviamente questa incredulità ha alimentato le speculazioni sull’effettiva potenza dell’apparato russo e sulla eroica resistenza ucraina che avrebbe arrestato l’invasione. L’apparato che vediamo in televisione dice però una cosa diversa: l’operazione è ancora intenzionalmente alla prima fase, in attesa di eventi. In questa situazione i vantaggi vengono soltanto dall’efficacia e credibilità della pressione. Gli svantaggi riguardano sia le provocazioni esterne (da parte della Nato) sia il rafforzamento della resistenza interna che non potrebbe mutare il risultato dell’operazione ma anzi rischia di fare molti più danni alla società ucraina.

Ritiene che le armi che l’Italia invierà e i mercenari che stanno affluendo in Ucraina, potranno incidere sulle sorti del conflitto? E se comunque possono essere causa di ulteriori rischi…

Credo proprio di no. Lo renderanno più sanguinoso e anche di livello operativo più elevato. In caso di equilibrio di forze tattiche , si tende a passare a quello strategico e allora potranno essere impiegate armi di livello strategico come bombardieri, missili e perfino armi nucleari tattiche: tutte cose che porterebbero ad uno scontro diretto fra Nato e Russia.

Ritiene che il pericolo che i jihadisti-mercenari possano affluire dalla Siria in Ucraina in gran numero? E che complicanze si creerebbero nel conflitto?

I Jihadisti mercenari saranno pochi e potranno solo influire sul livello di barbarie, alzandolo. Di mercenari ce ne sono tanti e sono anche ben pagati. Quelli per l’Ucraina con i soldi nostri e quelli per la Russia con i soldi russi. L’afflusso di mercenari ha però un lato interessante: smonta completamente la tesi dei volontari combattenti per la patria. Inoltre, le compagnie di mercenari o contractors non si accontentano mai della semplice paga per i soldati ma pretendono sempre grandi cose dagli stati che li assoldano. Vogliono anche potere, assetti nazionali importanti come miniere, industrie, infrastrutture sensibili. Non sono mai soddisfatti. Ricordiamoci che nella Storia sono caduti dei regni per mano di  mercenari insoddisfatti.

Sui negoziati in Bielorussia. La Francia e la Germania sembrano orientate ad un approccio di maggior mediazione mentre il nostro paese, assente nel vertice franco-tedesco-cinese, sembra preferire una visione più oltranzista. Giudica le richieste della Russia una base di partenza valida per l’Europa ? E cosa si rischia prolungando l’attesa di un vero confronto?

Le richieste russe, come in qualsiasi negoziato sono la base di una discussione. Se non è soddisfacente, ciascuna parte deve finirla di dire cosa vuole, e cominciare a pensare cosa può cedere. In genere il più forte è quello più disponibile a cedere perché ritiene di “concedere” e quindi mantiene il prestigio intatto. La parte più debole deve solo ridimensionare il livello di ambizione. In questo caso ogni minima riduzione dell’ambizione ucraina porterebbe una grande concessione: la salvezza del paese. Il nostro paese ha decretato unilateralmente, come se parlasse per tutti, la fine dei negoziati, fra l’altro con un atteggiamento da bullo. L’atteggiamento degli altri partner europei è stato molto meno arrogante. E questo li rende in sintonia. Ma, alla fine, anche nel bullismo non siamo fra i migliori. La Gran Bretagna e la Polonia ci battono.

Il governo polacco ha dichiarato di voler fornire i propri Mig alle forze ucraine, ma facendoli partire dalle basi tedesche. Gli Stati Uniti hanno poi frenato l’iniziativa polacca. Quanto è reale l’opzione di una No fly zone in Ucraina e quanto è probabile un futuro coinvolgimento militare della NATO?

La dichiarazione di No fly zone dei cieli dell’Ucraina sarebbe un modo per accelerare il disastro. Chi la sta chiedendo a gran voce vuole il disastro e dimostra la propria incapacità di controllare il proprio spazio aereo. Si vuole un pretesto per trascinare in guerra tutta l’Europa. Non dobbiamo cedere a questa tentazione perversa, soprattutto nei momenti come questi quando un attacco aereo finisce per colpire un padiglione di ospedale e l’emozione soffoca la razionalità.

La narrativa occidentale cerca oggi di minimizzare (o censurare del tutto) la presenza di neo-nazisti nei battaglioni incorporati alle forze ucraine, nonostante decine di reportage (dalla Bbc al Time al Guardian) in passato avessero fatto luce sulla vicenda con toni giustamente inorriditi. Ritiene credibile Putin quando parla di denazificare l’Ucraina come uno degli obiettivi?

La denazificazione a cui si riferisce Putin non riguarda l’Ucraina, ma il suo apparato governativo in cui tali elementi si trovano anche in posizione di vertice. I reportage hanno tutti ragione e comunque non rendono l’esatto conto della presenza e dell’influenza di questi gruppi. Sono state proprio le forze di polizia e dell’intelligence ucraina, in un primo tempo, ad opporsi all’inserimento di tali elementi nei loro ranghi. Poi, hanno dovuto subire. Ma oggi la caccia al russo (o filorusso) potrà presto mutare in caccia al nazi. E visti i numeri e la frenesia degli interessati non mi stupirei se domani l’Ucraina cadesse dalla padella della guerra contro la Russia nella brace di una guerra civile.

Cosa dovrebbe fare il governo italiano in questo contesto, e più in generale, l’Europa?

Negoziare, finirla con il pensiero unico e la propaganda, aiutare l’Ucraina a ritrovare la ragione e la Russia ad uscire dal tunnel della sindrome da accerchiamento non con le chiacchiere ma con atti concreti. E quando la crisi sarà superata, sperando di essere ancora vivi, Italia ed Europa dovranno impegnarsi seriamente a conquistare quella autonomia, dignità e indipendenza strategica, che possono garantire la sicurezza europea a prescindere dagli interessi altrui.

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COME LEGGERE L’ATTACCO DI PUTIN ALL’UCRAINA ? Parlano due Generali italiani che la sanno lunga : IL GENERALE MARCO BERTOLINI , già comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze e l’ex capo di stato maggiore della Difesa e dell’Aeronautica Vincenzo Camporini. LA RUSSIA È STATA VITTIMA, COME NOI, DELLA VOGLIA DI STRAVINCERE AMERICANA” – LEGGETE IL GENERALE MARCO BERTOLINI, GIÀ COMANDANTE DEL COMANDO OPERATIVO DI VERTICE INTERFORZE: “IL CREMLINO NON PUÒ STARE A GUARDARE I CONTINUI PASSI IN AVANTI VERSO EST DA PARTE DELLA NATO, PENA LA DEFINITIVA PERDITA DI CONTROLLO IN QUELLO CHE CONSIDERA IL SUO “ESTERO VICINO” E IL CONSEGUENTE SENSO DI ACCERCHIAMENTO INGESTIBILE A LUNGO TERMINE. C’È STATA UN PO’ DI ARROGANZA NELLO SPINGERLI IN UN ANGOLO, ADESSO HANNO REAGITO”- ‘’L’ITALIA È COINVOLTA DA UN PUNTO DI VISTA ENERGETICO, PERCHÉ SE CHIUDONO I RUBINETTI STASERA CI FAREMO DA MANGIARE COL FUOCO E NON CON IL GAS, MA ANCHE DA UN PUNTO DI VISTA OPERATIVO, PERCHÉ I GLOBAL HAWK CHE VOLANO SULL’UCRAINA PARTONO DA SIGONELLA, L’ITALIA IN LARGA PARTE È UNA SORTA DI GRANDE BASE MILITARE AMERICANA’’

Leggere cum grano salis la crisi ucraina, delicata e in continua evoluzione, non è da tutti. Negli ultimi giorni si sono sprecate analisi bislacche e uscite dettate da una sostanziale ignoranza anche da parte di chi ricopre ruoli istituzionali di primo piano.

Chi al contrario propone una disamina attenta e ponderata anche alla luce dei precedenti storici, è il generale Marco Bertolini, già comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze.

Generale Bertolini: “Voglia di stravincere americana”

“In Ucraina siamo arrivati a un punto molto delicato, il fatto che Putin abbia riconosciuto le due repubbliche del Donbass sicuramente cambia la situazione. Peraltro – spiega il generale all’Adnkronos – ci sono recedenti storici illustri sul campo avverso, è la stessa cosa che è avvenuta in Kosovo da parte nostra e nonostante le rimostranze russe all’epoca abbiamo riconosciuto l’autonomia del Kosovo dalla Serbia, la Russia si è opposta.

La situazione molto delicata, credo che la Russia cerchi adesso di metterci di fronte al fatto compiuto, un po’ come successo con la Crimea che si è ripresa la Russia e noi non abbiamo reagito, basandosi anche su un plebiscito nella regione”.

Ma perché adesso sembra di essere arrivati a un punto di non ritorno in Ucraina?

“Credo che la Russia sia stata vittima, come noi, della voglia di stravincere americana”, afferma Bertolini.

Gli Stati Uniti non si sono limitati a vincere la Guerra Fredda ma l’hanno anche voluta umiliare prendendole tutto quello che in un certo senso rientrava nella sua area di influenza. Ha sopportato con i Paesi Baltici, la Polonia, la Romania e la Bulgaria: di fronte all’Ucraina che gli avrebbe tolto ogni possibilità di accedere al Mar Nero, ha reagito”.

L’arroganza di mettere all’angolo la Russia e i rischi per l’Italia

Dunque il Cremlino non può stare a guardare i continui passi in avanti verso est da parte della Nato, pena la definitiva perdita di controllo in quello che considera il suo “estero vicino” e il conseguente senso di accerchiamento ingestibile a lungo termine.

Questa è la situazione che ci troviamo ad affrontare – dice ancora Bertolini – c’è stata un po’ di arroganza nello spingerli in un angolo, adesso hanno reagito. Ora speriamo che ci si limiti alle due repubblichette del Donbass e non ci sia altro, ma c’è anche un problema di tenuta del regime in Ucraina, dove si è creata una situazione con un primo ministro abbastanza improbabile, uno che viene dal mondo dello spettacolo”.

Tutte questione che il governo italiano non può ignorare, perché la nostra nazione rischia pesanti contraccolpi economici causati dal protrarsi del braccio di ferro in atto.

E’ un momento molto drammatico. L’Italia è coinvolta da un punto di vista energetico, perché se chiudono i rubinetti stasera ci faremo da mangiare col fuoco e non con il gas”, fa notare il generale.

Ma non è tutto, considerando che “siamo coinvolti anche da un punto di vista operativo, perché i Global Hawk che volano sull’Ucraina partono da Sigonella, l’Italia è una base militare americana in larga parte. Il rischio c’è, è presente e reale. Speriamo nell’incontro fra Draghi e Putin, a questo punto i giochi sono già fatti e non credo avranno molto spazio di manovra ma se c’è la possibilità di far sentire anche la nostra voce, sicuramente è una cosa importante”.

 

4 – UCRAINA: CAMPORINI, ITALIA SI PREPARI A RISTRETTEZZE

(ANSA) – “”Dobbiamo prepararci a delle ristrettezze, ci vorrà tempo per rimetterci in sesto”. E’ lo scenario che attende l’Italia alla luce dell’attacco della Russia all’Ucraina secondo l’ex capo di Stato maggiore della Difesa e dell’Aeronautica militare Vincenzo Camporini.

“Avremo il problema del gas. Le sanzioni sono un’arma a doppio taglio, fanno male a chi è sanzionato ma anche a chi sanziona, perché toglie opportunità di business e di fatturato. Ma poco possiamo fare – sottolinea il generale – perché gli approvvigionamenti di gas vengono da infrastrutture che non si fanno dall’oggi al domani. E pensare di svincolarsi oggi dal gas russo è impossibile, ci si doveva pensare prima e ricordiamoci che qualcuno non voleva neanche il Tap”.

Quanto al coinvolgimento dei militari italiani, Camporini ricorda che il nostro paese sta già “fornendo elementi molto preziosi alla ‘postura di deterrenza’ della Nato: abbiamo i nostri velivoli in Romania impegnati in quella che in gergo ci chiama ‘air policy’, abbiamo soldati che sono nei paesi baltici con la Nato, sempre in funzione di deterrenza, abbiamo navi nel Mediterraneo orientale che collaborano con l’Alleanza. Stiamo dando il nostro contributo in linea con le aspettative”

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