Il caso LIBIA è l’emblema di come il mondo ormai sia nelle mani di bande di affaristi e “cravattari”, che pretendono di gestire le economie e le politiche delle nazioni, come una volta le 5 famiglie mafiose di New York pretendevano di gestire la città come fosse “roba loro”. DIETRO L’AVANZATA DEL GENERALE HAFTAR, c’è la voglia di speculare sul rialzo del prezzo del petrolio, a vantaggio dell’Arabia Saudita e dei suoi complici USA e della finanza internazionale.

Il riaprirsi della guerra civile in Libia è finalizzato a mantenere sotto schiaffo il Nord-africa petrolifero e l’area geoeconomica del sud-Europa . In soldoni , l’Arabia Saudita pensa di stabilizzare in Libia una sorta di “Somalia bis”. Tenendo aperta permanentemente nel mezzo del Mediterraneo  una zona di caos utile a qualsiasi sviluppo futuro , nel frattempo ottenendo il risultato di sterilizzare la Libia quale uno dei principali Paesi protagonisti della produzione petrolifera internazionale. L’Arabia Saudita – filiera finanziaria di rilevanza internazionale – la pensa così ed è riuscita a convincere tutti coloro che al mondo “contano “ : anzitutto Trump ed i suoi sodali ultramiliardari USA ( Jp Morgan, Goldman Sachs, Hsbc, Citigroup, le grandi company del petrolio, etc), poi gli Emirati Arabi e persino la Russia. Mettendo insieme una “Compagine” che è in grado di imporre i suoi punti di vista anche al resto del mondo. La morale di questa storia ,è che il prezzo del barile di petrolio sta tornando a salire : da cinque mesi non scende sotto i 63,60 dollari con guizzi periodici sino a 71 dollari. L’obiettivo saudita e dei suoi sodali è quello di riportare il barile nel range tra i 90 dollari ed gli oltre i 100 . E se così, l’economia mondiale rallenterà, e i popoli soffriranno, non fotte niente agli uomini di questo mondo di speculatori.

Haftar, che continua a rimanere un cittadino con passaporto USA ( come lo era diventato dopo la fuga dalla Libia all’epoca da Gheddafi), è un vero militare : obbedisce. Riapre la guerra in Libia, bloccando di fatto la produzione e la vendita del petrolio libico; unisce l’utile (sperato)per lui, al dilettevole (pagato) per il piacere dell’Arabia Saudita

 Il guaio è che le politiche internazionali non sono più decise dalla “Politica” con il supporto delle opinioni (anche discutibili) di diplomatici, economisti e militari – e magari d’intesa con grandi gruppi economici USA – ma da questo o quel gruppo privato che in giro per il mondo riesce ad impossessarsi del joystick di comando in una Nazione. Nello schieramento cosiddetto occidentale, perciò, sono finite le strategie geopolitiche. Le scelte del capitalismo finanziario occidentale sono prioritariamente determinate da logiche e le metodologie di affari eguali a quelle rese note dalla saga cinematografica de “Il Padrino”, quando le “cinque famiglie mafiose” pretendevano di trattare la città di New York al servizio dei loro particolari interessi, come fosse “cosa loro”.

Dietro l’avanzata delle milizie del generale Haftar verso Tripoli, c’è molto del risiko petrolifero internazionale che sembrava terminato in sordina negli ultimi anni. Gioco a tutto campo planetario, di cui Trump è oggi l’instancabile animatore per conto dell’Arabia : sia quando crea dal nulla la crisi Venezuelana (bloccando la vendita di quel petrolio), sia quando inasprisce l’embargo nei confronti dell’IRAN ( limitando le vendite di quel petrolio). Del resto il Presidente USA ha incassato un gran risultato politico : la commercializzazione del petrolio prodotto dai paesi OPEC, continuerà ad essere quotata e pagata solo in dollari USA. Scongiurata, per i prossimi dieci anni,  ogni altra ipotesi di coabitazione monetaria ufficiale nel mercato petrolifero OPec con l’utilizzo paritario al dollaro, dell’euro o dello Yuan (Cina).

Il Regno saudita, infatti, dopo qualche mese di difficoltà dovuto alla rocambolesca scalata al potere del principe Mohammed Bin Salman – e chiusa con una transazione economica con la famiglia della vittima la vicenda dell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi (all’interno del consolato di Istanbul) – pare tornato all’esercizio della sua antica politica di potenza petrolifera, “azionista di maggioranza” dell’area dei paesi produttori Opec.

A parte il fatto che, in tal modo, la famiglia Saudi ha dimostrato al mondo che nell’ambito delle logiche finanziarie del Liberismo internazionale ogni remora etica e politica della cultura occidentale può essere superata, surrogata ,e convertita in un corrispettivo in dollari. Circostanza che consente, oggi, all’Arabia Saudita di condizionare e teleguidare come vuole la politica estera degli USA. Un equilibrio di potere e un rapporto che ha segnato un ulteriore salto di qualità : dai tempi della famiglia Bush che consentiva ai sauditi di compartecipare in qualche modo alla scelta delle politiche internazionali USA, a Donald Trump che – non avendo né visioni né preferenze politiche- vede le relazioni internazionali solo come una continua selezione di nuove occasioni per tentare di concludere migliori e più spregiudicati profitti personali , e se poi è possibile pure nazionali. E’ il trionfo del Liberismo bellezza!!

Ma il fatto che fa venire il brivido di freddo alla schiena è la coincidenza  temporale dell’avanzata di Haftar  con l’inizio della collocazione del “Bond Aramco” ( la compagnia di stato del petrolio saudita). E’ stato un successo , ovviamente. La vendita è cominciata soltanto sabato 6 aprile con un order book da 40 miliardi di dollari, 30 dei quali sono stati già sottoscritti in meno di 24 ore. Per Sergey Dergachev, portfolio manager alla Union Investment in Frankfurt, la domanda potrebbe facilmente superare il record di 53 miliardi ottenuto l’anno scorso dal Qatar per il suo bond da appena 12 miliardi di controvalore. E l’obiettivo neanche celato (su circa 130 miliardi di dollari di prenotazioni non impegnative), è quello di chiudere l’emissione, a fine sessioni, a quota 100 miliardi. Dell’emissione si sono occupati  JpMorgan, Goldman Sachs, Hsbc, Citigroup e National Commerce Bank. Come financial adviser ha operato invce “Lazard”.

Ma il “Bond Aramco è solo l’anticamera della “Operazione di tutte le operazioni” :  la quotazione in borsa di Aramco , già posticipata l’anno scorso, con la valutazione avanzata del gigante energetico di Ryad : da 2 trilioni di dollari. Se il Bond andrà a buon fine (e l’area OPEC di nuovo sotto egemonia saudita riprenderà a condizionare il mondo  in materia di petrolio), questa stratosferica valutazione resterà confermata. Modificando ancora una volta gli equilibri finanziari internazionali.  I sauditi si sono riservati di decidere in autunno come procedere con questa “innovazione”.

Ma torniamo  alla guerra civile libica “on demand” di  Haftar e al ruolo dell’Italia. Che notizie ci sono ? Brutte, anzi bruttissime !! Se come pare l’obiettivo saudita della sterilizzazione petrolifera della Libia sarà raggiunto , la prima vittima sarà l’ENI (e con lei una parte dell’autonomia energetica dell’Italia) che in Libia vive quasi in regime di monopolio. Quello contro cui hanno cospirato e continuano a cospirare “ad minchiam” gli invidiosi francesi della Total. Gli unici al mondo che in questa vicenda stanno facendo la figura di essere ancora più stupidi degli italiani. Che quattro anni fa avevano in pugno la Libia e si sono persi nelle piccolezze  italiche , fatte  di :  piccole e grandi ruberie, micro dispetti, vane invidie, guerricciole per conto terzi, di macchinose furbizie.

L’enorme apparato di consenso e di controllo italiano sulla Libia è stato praticamente tutto smontato. Oggi il peso politico italiano sui decisori interni libici è prossimo allo zero. Il dato di fatto è che anche l’onnipotente ENI sta sgombrando i suoi funzionari ed i suoi miliziani, cosa non fatta neanche durante la guerra del 2011. Mentre i nostri corpi speciali , una delle migliori elitè militari del mondo presenti in Libia da più di tre anni, stanno vivendo l’incubo di un nuovo “8 settembre” . Senza che nessuno dai comandi italiani indichi una linea di comportamento sicuro. Anzi si assistono a patetiche e contraddittorie  inversioni di marcia anche a distanza di sole 12 ore. Una follia. La verità è che il governo giallo-verde non sa come fare a gestire il disastro libico ereditato da Berlusconi e Renzi.  Di Maio, poi, è ancora traumatizzato dalla recente cazziata subita a Washington da un Bolton in pieno delirio ed ormai privo di ogni freno inibitorio, che gli ha (in sostanza) spiegato che gli italiani  non devono rompere i coglioni. Devono ubbidire : punto e basta. Nel frattempo, Salvini, furbo di quattro cotte, continua a parlar d’altro, straparlando degli interessi e delle responsabilità francesi a danno dell’Italia, anche lui guardandosi bene anche solo dal nominare l’operazione ostile che stiamo subendo dagli USA e dall’Arabia Saudita , con cui l’Italia ha troppi ricchi, purtroppo sordidi  e masochisti, affari in corso.

L’Europa  – vittima dell’imbecillità francese, delle viltà italiane e dell’atavica incapacità tedesca di capire e organizzare la politica internazionale – ha posto sin’ora tutte le premesse per restare fuori gioco dalla gestione della questione libica, e subirne , già dal prossimo futuro,  tutte le conseguenze nefaste di riflesso.

Che mondo futuro ci si prospetta, condizionato dai Trump, dai Bolton, e dalla casa reale Saudita antica estimatrice di Adolfo Hitler?

 

 

 

 

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